Benvenuti. Non esistono quasi limiti di tempo e di spazio nella dimensione dei proverbi, tanto vasta ne è la diffusione nel tempo e nello spazio. Da tempo immemorabile l'uomo fa uso di proverbi, sia nella tradizione orale come in quella scritta. Spesso è assai difficile risalire all'origine di un proverbio e stabilire se esso è transitato dalla tradizione orale alla letteratura o viceversa, se è di origine colta o popolare. Anche la linea di demarcazione tra proverbi, detti, motti, sentenze, aforismi, è assai sottile e forse non è così importante come si crede definire l'origine di un proverbio o di un aforisma quanto piuttosto risalire alle motivazioni che ne hanno determinato sia la nascita che l'uso più o meno frequente.

Della mia passione e delle mie ricerche sull'argomento e non solo su questo, cercherò di scrivere e divagare ringraziando anticipatamente quanti vorranno interagire e offrire spunti per sviluppare il tema col proprio personale e gradito contributo.

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martedì 26 giugno 2007

25 aprile: "La pietà non cancella le responsabilità"

L'espressione del titolo è stata detta da Sergio Cofferati in occasione di una celebrazione del 25 aprile di alcuni anni fa, quando si erano fatti assai pressanti i tentativi di ricerca di una Storia d'Italia condivisa, sostenendo la piena legittimità d'appartenenza ai due gruppi contrapposti di Partigiani ed aderenti alla Repubblica Sociale Italiana. Si è sostenuto che non vi possono essere discriminazioni fra i morti dell'uno e dell'altro fronte, poiché entrambi hanno combattuto per la Patria, ed entrambi debbono essere onorati e ricordati.
I libri poi di Giampaolo Pansa sui crimini commessi dai Partigiani comunisti hanno cercato in qualche modo di insinuare l'idea che i rossi combattessero non per la libertà ma per consegnare l'Italia all'URSS, nonostante ad Yalta si fossero già ben delineate le sfere d'influenza e la nostra nazione appartenesse al blocco degli Alleati Occidentali.
I combattenti partigiani, a prescindere dalle loro convinzioni e dal loro stato d'animo, combattevano, che ne fossero o no consapevoli, per agevolare la liberazione dell'Italia dal nemico nazista invasore, da parte degli eserciti Alleati, statunitensi in testa; quindi combattevano per la propria libertà, ottenuta attraverso il decisivo concorso delle forze Alleate, mentre l'Armata Rossa era impegnata in altri fronti, dall'Italia assai lontani.
Gli aderenti alla RSI, comprese le Brigate Nere e le famigerate SS Italiane (quest'ultime composte da circa ventimila unità) combattevano, a prescindere dalla loro consapevolezza, per agevolare l'aggressione dell'invasore tedesco dei nostri territori, dei quali si era annesso quasi tutto il Triveneto, quindi combattevano contro la propria Patria, per un malinteso e grottesco senso dell'onore nei confronti del vecchio alleato, che di onore e di rispetto aveva ampiamente dimostrato che non facesse parte della propria concezione della vita, interamente basata sul disprezzo della dignità umana e della libertà dei popoli.
Quindi senza una esplicita ammissione di aver combattuto, seppure inconsapevolmente, per oltraggiare la Patria e non per onorarla, non può esistere alcuna Storia condivisa, poiché come bene ha detto Cofferati, la pietà doverosa per i morti non può cancellare le atroci responsabilità e corresponsabilità di cui si sono macchiati tanti italiani morendo gridando il nome della Patria da loro stessi oltraggiata.

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