Benvenuti. Non esistono quasi limiti di tempo e di spazio nella dimensione dei proverbi, tanto vasta ne è la diffusione nel tempo e nello spazio. Da tempo immemorabile l'uomo fa uso di proverbi, sia nella tradizione orale come in quella scritta. Spesso è assai difficile risalire all'origine di un proverbio e stabilire se esso è transitato dalla tradizione orale alla letteratura o viceversa, se è di origine colta o popolare. Anche la linea di demarcazione tra proverbi, detti, motti, sentenze, aforismi, è assai sottile e forse non è così importante come si crede definire l'origine di un proverbio o di un aforisma quanto piuttosto risalire alle motivazioni che ne hanno determinato sia la nascita che l'uso più o meno frequente.
Della mia passione e delle mie ricerche sull'argomento e non solo su questo, cercherò di scrivere e divagare ringraziando anticipatamente quanti vorranno interagire e offrire spunti per sviluppare il tema col proprio personale e gradito contributo.
I commenti sono ovviamente graditi. Per leggerli cliccate sul titolo dell'articolo(post) di vostro interesse. Per scrivere(postare,pubblicare) un commento relativo all'articolo cliccate sulla voce commenti in calce al medesimo. Per un messaggio generico o un saluto al volo firmate il libro degli ospiti (guest book) dove sarete benvenuti. Buona lettura
sabato 1 ottobre 2011
Peccato e Peccatore
Severamente vietato, quindi, fare nomi, cognomi, soprannomi, o riferimenti che possano inequivocabilmente permettere di identificare il peccatore che ha commesso un determinato peccato. Chiunque può averlo commesso, tutti peccatori quindi, e attraverso la globalizzazione della colpa si ottiene l'immunità dell'unico, o dei pochi o molti che siano, peccatore.
Il cardinale Bagnasco, però, pur non riferendosi esplicitamente ad una persona (tuttavia suggerendola) e pur ammonendo tutti, indistintamente, sui pericoli di una vita esclusivamente dedita ai piaceri carnali, fa rilevare come particolarmente risibili i comportamenti scorretti di chi "sceglie la MILITANZA POLITICA" e si rivolge particolarmete a "gli ATTORI della SCENA PUBBLICA", non solo quindi ai politici in senso stretto ma a tutti coloro che ricoprono cariche ed esercitano funzioni di rilevanza pubblica, come Industriali, Banchieri, Dirigenti a vario titolo, ecc. (io aggiungerei Ecclesiastici appartenenti ai vari livelli del Clero, Alto Medio Basso ).
Il non aver indicato esplicitamente i responsabili principali del malcostume ha dato adito ad alcuni politici, adusi a sottili (?) distinzioni crociane, che il messaggio del cardinale fosse rivolto a tutti.
Formigoni: "Bagnasco parla per tutti e non per una persona sola"
Sacconi: "un invito a tutti"
Ecco le conseguenze dell'indeterminatezza.
Da qui il post al limite del paradosso (che vedete in basso), che fa riferimento al verbo "fornicare", che nella predica di Bagnasco non compare, seppure siano presenti non pochi sinonimi, che denotano una cultura senza alcun dubbio "sessuofobica".
Mi piace ricordare come Sant'Agostino abbia adoperato, nelle "Confessioni", il termine "fornicare", in senso più ampio e, a mio parere più significativo: "Fornicavo lontano da te", con ciò intendendo esprimere di essersi allontanato dall'esempio di Cristo, di non aver dedicato tutte le proprie azioni e i propri pensieri, improntandoli a comportamenti di solidarietà ed amore per il prossimo ma a soddisfacimento dei propri desideri personali (non necessariamente includenti il sesso).
Quindi siamo tutti un po', nell'accezione agostiniana, "fornicatori",; ci dedichiamo agli affari, più o meno sporchi, personali, e ci allontaniamo dall'esempio di Cristo, ma ciò è tanto più grave quando i comportamenti hanno rilevanza politica, economica e sociale, tanto da aggravare una crisi politica ed economica, seppur proveniente in parte dall'esterno.
sabato 30 aprile 2011
Bisturi e moschetto
E' pur vero che al seguito di ogni esercito, che si rispetti o no, ci son quasi sempre ufficiali medici e cappellani militari, nei quali dovrebbero prevalere la cura del corpo e dell'anima, piuttosto che il loro annientamento.
E' tuttavia comprensibile che l'appartenenza ad una delle parti in conflitto non sempre induce i nostri ad essere al di sopra dei contendenti, a prodigarsi in egual misura sia per gli amici che per i nemici.
Assai diverso è il caso di un medico-militare che opera al seguito della Croce Rossa: dovrebbe veramente essere al di sopra delle parti, anzi dovrebbe accantonare la divisa e l'indole militare ed indossare il camice e l'abito mentale del medico, senza se e senza ma.
"Quando deve curare un talebano come si comporta?". chiede Bruno Vespa ad uno di questi militari-medici-crocerossini.
"Naturalmente compio prima il mio dovere di medico, curandolo, e subito dopo, il mio dovere di soldato, facendolo prigioniero"
E perché non adempiere simultaneamente i due doveri? in una mano il bisturi, nell'altra la pistola o il moschetto?
Questa puntata di "Porta a porta" vuole essere una critica, poi non tanto velata, nei confronti di quei medici volontari di Emergency e di Medici senza Frontiere ai quali non verrebbe mai in mente di curare i feriti e di consegnarli poi alle autorità militari. Tutti i feriti per un medico sono uguali, senza distinzioni di divisa, tutti hanno bisogno di aiuto, nessuno di essi è un nemico, ma un essere umano in gravi difficoltà.
Il crocerossino-militare-medico non la pensa affatto così, vive felicemente ed orgogliosamente questa dissociazione schizoidea tra medico e soldato, sotto lo sguardo compiaciuto e benedicente del Vespa.
Quanto distante è l'espressione da Caporale piuttosto che uomo, di individuo capace di compiere due doveri in una sola persona, da quella perennemente da uomo insoddisfatto di un Gino Strada, perennemente frustrato da un senso di impotenza, nel salvare una vita e vederne sprecate dieci, cento, a causa delle pretese civillizzatrici e dell'ancor più assurda e spocchiosa pretesa che il mondo Occidentale sia il migliore dei mondi possibili.
mercoledì 9 marzo 2011
Se permettete ... ragioniam d'Amore
Nondimeno qualcuno ci ha provato a ragionarci sopra, dagli stilnovisti, anche se il loro ragionar d'amore aveva un carattere spiccatamente esoterico e non privo di retorica, all'Aretino, i cui Ragionamenti attengono più al campo del sesso, de il cotale e la cotale , piuttosto che al sentimento. Altri si sono cimentati con l'amore anche da un punto di vista scientifico o para-scientifico, come Paolo Mantegazza e Federico De Roberto, tanto da parlare di Fisiologia dell'Amore e dal punto di vista sociologico come Alberoni. C'è stato persino qualcuno che ha parlato (o straparlato) di Chimica dell'Amore.
Ma non si dice che
"Al cuore non si comanda"?
che
"Amare e disamare non sta a chi lo vuol fare"?
Quindi inutili e velleitari sono i tentativi di ragionar d'Amore, sentimento irriducibile a ragionamento.
Orson Welles nei panni di Otello ammonisce:
"Amore non ha saggezza"
"Amore non ha misura"
Non è possibile disciplinarlo, imbrigliarlo nell'alveo di una esistenza libera dalle emozioni incontrollabili, e non di rado dannose, che esso suscita.
Ragionando, temerariamente, d'amore, con un amico poeta a tempo pieno e prosatore a tempo parziale,, mi lascio trasportare dalla mia non sopita sicilianità e gli enuncio un detto siciliano che io, a torto o a ragione, ritenevo (non so se ritengo ancora) la più elevata espressione del sentimento amoroso:
- Si'n Paradisu nun ci trovu a tia, mancu ci trasu" (Se in Paradiso non trovo te, nemmeno ci entro).
Mi illudevo di impressionare il mio interlocutore, ma questi, più prosaicamente che poeticamente, mi obietta che, dietro l'apparente enfasi amorosa, si cela, non poi così nascostamente, l'auspicio dell'amante che l'amato raggiunga prima di lui quello che il Verga chiama mondo della verità, cioè detto ancora più prosaicamente, che l'amato tiri le cuoia prima dell'amante.
Con altrettanta vis poetica, mi fa osservare, si può affermare lo stesso concetto senza specificare chi per primo deve raggiungere il traguardo:
"Meglio all'Inferno con te che in Paradiso senza di te".
Questo accade al modesto scrivente che si illude, anche se per pochi istant,i di assurgere all'Olimpo poetico, subito rbuttato cinicamente giù da chi, come il vero poeta, può a suo piacimento scendere e risalire le alte vette della Cultura e della Poesia. Poeti e Scrittori non ci si improvvisa.
Ha proprio ragione il detto:
"Chi nasce tondo non muore quadrato".
giovedì 18 novembre 2010
Il fegato non è carne, ovvero: del negare l'evidenza
Questo wellerismo viene pronunciato da un prete sorpreso da un parrocchiano a mangiare carne di venerdì, nel patetico tentativo di difendersi dall'accusa di "predicare bene e razzolare male" rivoltale esplicitamente dal suo parrocchiano. Pur di non ammettere la trasgressione il religioso (sic) tenta di difendersi negando che il fegato possa essere catalogato come appartenente alle carni.
Si può affermare che non di rado nelle relazioni interpersonali si fa ricorso a giustificazioni al limite dell'impossibile come ad esempio si ricava da una canzone spiritosa "non è un capello ma un crine di cavallo caduto sul gilè"; così tenta inutilmente di discolparsi un marito di fronte ad una moglie giustamente gelosa.
Nelle relazioni politiche e nelle relazioni tra gli stati il negare l'evidenza ricorrendo a penosi stratagemmi come quello del poco austero prete rappresenta più una regola che un'eccezione. "Il lavoro nero non è sfruttamento": una affermazione del genere sarebbe sta improponibile negli anni Settanta, oggi invece, di fronte alla crisi dell'occupazione, si tenta per far passare per fortunati coloro che hanno uno straccio di lavoro rispetto a chi ne è totalmente sprovvisto, affermando assiomaticamente che un pessimo lavoro, per giunta nero e precario, è meglio dell'assenza del lavoro, come dire che essere vivi, pur se malandati, è meglio che esere morti. I colonialisti hanno cercato di dimostrare che il Colonialismo ha comunque portato dei benefici ai paesi colonizzati per cui anch'essi sostengono che "il fegato non è carne", ovvero "il colonialismo non è sfruttamento e schiavitù", ma addirittura liberazione dalla miseria e dall'ignoranza.
Che dire della corruzione, che si tenta di far passare per liberali elargizioni, sostenendo anche qui metaforicamente ma poi non troppo, che "il fegato non è carne".
A queste assurde dis-omologazioni ricorrono assai spesso giornalisti del calibro di Belpietro, Feltri, e politici del calibro di Bondi, portavoce della mediocrità di quell'innominabile ex-radicale, del re dei giornalisti televisivi Bruno Vespa, i quali usano stemperare, attenuare, negare, attribuire ad altri, rimandare al mittente, colpe che invece sono attribuibili interamente o in gran parte alla cricca e al sovrano della cricca; per cui pagare dei giudici o dei testimoni per aggiustare processi per loro equivale a semplici pagamenti per legittime prestazioni professionali, anche per loro "il fegato non è carne", ovvero "pagare per difendersi dai processi non è corruzione".
Per onore di cronaca cito anche Emilio Fede, che non ho voluto coinvolgere perché "al cuore non si comanda", e quindi i numerosissimi ricorsi ad escamotage, tipo - il fegato non è carne - in lui non sono mai dettati da mala-fede, ma da pura e semplice incommensurabile Fede.
domenica 26 settembre 2010
Amico con tutti (o di tutti), fedele a nessuno.
Dopo questo ozioso preambolo passo al sodo.
Il proverbio del titolo si adatta perfettamente al nostro connazionale vivente più amato e più odiato, più osannato e più deriso, senz'altro protagonista, nel bene e nel male, delle pagine dei giornali, delle radio e TV d'talia, d'Europa e forse del mondo.
Mi riferisco, mi vergogno a dirlo, a B., al re Silvio.
Amico di tutti quelli che tengono le redini della politica nel mondo, nemico giurato dei comunisti e di quanti non si genuflettono di fronte alla indiscussa e indiscutibile, totalizzante e totalitaria, supremazia del Mercato, spietatamente liberista.
Amico di Bush e di Obama, ma anche, veltronianamente, di Putin e di Gheddafi: dall'eterna riconoscenza agli USA per aver liberato l'Europa da nazismo, alla solidarietà a Putin per la spietata, criminale, lotta contro il popolo ceceno, qualificato da Putin e B. come terrorista, al "baciamo le mani" a Gheddafi, dopo aver riconosciuto i crimini del colonialismo fascista in Libia.
Amico di tutti equivale ad essere amico di nessuno, per cui riesce difficile anche ad un uomo di talento che sprizza genialità da tutti i pori e da tutti i denti (come B. viene pontificato dai suoi zelanti e servili sostenitori e come si auto-qualifica), riuscire a conciliare l'inconciliabile.
Come ha fatto notare l'amico Pietro Ancona in un suo recente post, le "simpatie" di B. per Putin e Gheddafi gli hanno alienato il sostegno USA, hanno fatto precipitare l'indice di gradimento USA nei suoi confronti e poiché "non si muove foglia che USA non voglia", il primato politico di B. si è incrinato a favore di Fini, verso il quale B. ha scatenato una campagna infamante su veri o presunti interessi privati in atti politici, come dire: "Il bue che dice cornuto all'asino".
B., amico di tutti nei confronti del popolo dei fessi che lo ha votato, popolo fedelmente ingannato con l'elargizione di piccoli illusori vantaggi e con notevoli espropri di risorse e di servizi essenziali, dal mondo del lavoro all'istruzione, alla mancata tutela del territorio, oggetto di vergognose speculazioni.
