Benvenuti. Non esistono quasi limiti di tempo e di spazio nella dimensione dei proverbi, tanto vasta ne è la diffusione nel tempo e nello spazio. Da tempo immemorabile l'uomo fa uso di proverbi, sia nella tradizione orale come in quella scritta. Spesso è assai difficile risalire all'origine di un proverbio e stabilire se esso è transitato dalla tradizione orale alla letteratura o viceversa, se è di origine colta o popolare. Anche la linea di demarcazione tra proverbi, detti, motti, sentenze, aforismi, è assai sottile e forse non è così importante come si crede definire l'origine di un proverbio o di un aforisma quanto piuttosto risalire alle motivazioni che ne hanno determinato sia la nascita che l'uso più o meno frequente.

Della mia passione e delle mie ricerche sull'argomento e non solo su questo, cercherò di scrivere e divagare ringraziando anticipatamente quanti vorranno interagire e offrire spunti per sviluppare il tema col proprio personale e gradito contributo.

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mercoledì 25 giugno 2008

Il proverbio propedeutico

Tra gli usi inconsueti di cui si servono gli scrittori nell'uso dei proverbi, questo di Marco Polillo (1) mi sembra davvero uno dei più rari e più efficaci.
Quasi tutti i proverbi e i modi di dire, tranne alcuni che sono commenti dell'autore, sono pensati dal protagonista e svolgono una funzione che potrebbe definirsi propedeutica, in quanto aiutano l'investigatore a meglio inquadrare le vicende apparentemente insolubili.
Il proverbio quindi come esercizio mentale per meglio riflettere, come introduzione ad altri pensieri più articolati.

- Buttare fumo negli occhi.

- Cavare un ragno dal buco

- Chi prima arriva meglio alloggia.
In Inghilterra - First come, first served.

- Chi va piano va sano e va lontano.

- Chi va via perde il posto all'osteria.

- Della vittoria tutti si arrogano i meriti, nella sconfitta a uno solo vengono imputati gli insuccessi
citazione liberamente tratta da "Vita di Agricola" di Tacito:
Iniquissima haec bellorum condicio est: prospera omnes sibi vindicant, adversa uni imputantur.

- Fare buon viso a cattiva sorte.

- La notte porta consiglio.

- Il tempo rimedia a tutto.

- Le disgrazie non vengono mai sole.

- Tentar non nuoce.

- Tirare i remi in barca.


(1) Marco Polillo, Testimone invisibile, Euroclub 1998
(prima edizione Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1997).

2 commenti:

  1. Ciao Nino, ti scrivo perchè il proverbio "TENTAR NON NUOCE" è il mio pezzo forte.... mi calza a pennello!
    Più di una volta in casa da piccola, usavano questo detto(o proverbio?) per spronarmi a fare qualcosa che ritenevo irraggiungibile.
    Tuttora sento ancora qualcuno che mi ricorda la stessa frase e a volte sorrido perchè forse non ho ancora imparato a "buttarmi" fidandomi un po' di più di me stessa.
    Ma meno male che "La notte porta consiglio" e qualche volta qualche soluzione per risolvere un dubbio e affrontare con coraggio una situazione che , solo qualche manciata di ore prima, sembrava insormontabile!

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  2. Penso che la mentalità dell’investigatore sia sui generis e dipenda anche dal particolare ambiente in cui si è formato. Mi spiego. I procedimenti mentali di combatte il crimine devono condurlo ad agire “come se” fosse lui stesso un delinquente. L’identificazione appunto col delinquente può condurre l’investigatore a prevedere le mosse di quest’ultimo, ma il primo necessita, per non farsi influenzare dall’agire criminoso, di un “programma personale” segreto.
    In una delle indagini del Padre Brown di Chesterton, il Padre smaschera un assassino e fanatico religioso perché sentendolo denigrare la ragione umana, egli pensa: “Parlare contro la ragione è cattiva teologia.” Ciò può essere inteso come la traduzione in termini personali del principio di S. Anselmo “intelligo ut credam”, capisco affinché creda. La teologia medievale si serviva spesso di adagi che sembravano slogan e che talvolta diventavano proverbiali, come il più noto “philosophia ancilla theologiae”, la filosofia è serva della teologia.
    Tali “slogan” servivano anche come promemoria in dispute filosofiche e religiose per formule e concetti complessi; non è escluso che qualcuno sia stato utilizzato dagli inquisitori contro gli eretici. Che il buon P. Brown sia un’evoluzione positiva degli inquisitori?
    Circa certa delinquenza sarda, Peppino Fiori ricordava che molti avvocati ed investigatori conoscevano il malavitoso “cannelas alluttas ‘nde lassamus”: non lasciamo candele accese. Vale a dire che per es. una banda di malviventi poteva decidere di sopprimere il sequestrato che avesse visto o sentito troppo. Perciò gli inquirenti dovevano muoversi con estrema circospezione: una leggerezza, anche banale poteva costare la vita ad un innocente.
    In quest’ultimo caso, l’investigatore doveva “sincronizzare” la sua azione sui meccanismi mentali del delinquente; ma c’era forse il pericolo di interiorizzarli troppo, col rischio di subire il “fascino” della delinquenza…

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